La scienza di Strampelli e il Fascicmo-
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Strampelli e Mussolini
Abbiamo già detto di come l'opera scientifica di Strampelli
sia collocata a cavallo tra il periodo giolittiano e il fascismo,
e con entrambi egli ebbe, ne poteva essere altrimenti, un rapporto
organico e sarebbe quindi fuorviante collocarla tout-court nel quadro
dellagraria fascista.
Abbiamo visto come Strampelli non abbia semplicemente fornito un
contributo all'interno di un preesistente apparato strutturale della
ricerca scientifica italiana.
Egli ha creato e fatto crescere insieme a lui le strutture di applicazione
concreta delle sue scoperte partendo da quella semplice Cattedra
ambulante voluta a Rieti nel 1903 e che egli nel 1907 trasformò
in Stazione sperimentale per la granicoltura, ed ancora a lui si
deve l'idea e la progettazione dell'Istituto nazionale di genetica
per la cerealicoltura nel 1919, cosi come le stazioni fitotecniche
di Cagliari, Foggia, Badia Polesine, Montagnana, Leonessa.
Tutto questo avvenne prima del fascismo all'interno del quale Strampelli
non modificò in alcun modo il suo operare, tanto che perfino
i ben noti grani della vittoria, vero e proprio simbolo dell'autarchia
fascista, furono pensati realizzati e fissati da Strampelli molti
anni prima.
Questo non vuol dire che il fascismo non sia stato utile a Strampelli,
o che Strampelli non sia stato utile alla politica economica del
regine, ne tantomeno che Strampelli non sia stato fascista.
Strampelli era uno scienziato puro, ma lavorava su un terreno fortemente
innovativo per concretizzare il quale era inevitabile che egli dovesse
essere anche un buon gestore della sua scienza.
Ciò che egli intendeva fare non esisteva prima di lui, ed
è fin troppo logico che per poterlo fare abbia dovuto sempre
convincere qualcuno, dal ministro Guido Baccelli, all'apparato del
Maic che operava durante il governo Calandra, fino a quello che
prendeva ordini da Mussolini.
Il fascismo dette molto a Strampelli, non tanto in termini di strutture
perché queste già esistevano, quanto in mezzi per
farle funzionare, e soprattutto investì su di lui facendo
fuoriuscire le sue creazioni dal piano della sperimentazione per
una applicazione pratica su vasta scala in tempi che non hanno avuto
confronti in nessuna altra parte del mondo.
Forse non fu neanche un caso che Strampelli si iscrisse al partito
nazionale fascista nel 1925, proprio l'anno di inizio della battaglia
del grano. .
I rapporti tra Strampelli e Mussolini furono sempre stretti come
testimoniano le frequenti richieste di appuntamento che il duce
gli fissava. , cosi come appare in tutta evidenza linteresse
di Mussolini per il lavoro di Strampelli fino al punto che voleva
essere egli stesso a scegliere, e in ogni caso ad approvare, i nomi
che venivano dati ai grani creati a Campomoro.
Viene anche da chiedersi chi sia stato il vero ideatore della battaglia
del grano, Strampelli o Mussolini.
Di certo fu una occasione nella quale il duce non si affidò
a quella mente pensante dell'agricoltura italiana del tempo che
era Arrigo Serpieri, ed è difficile immaginare che egli si
sia potuto lanciare in una simile sfida senza avere un punto di
riferimento preciso.
E certo che Strampelli si poneva con forza l'obiettivo dell'autosufficienza
granaria dell'Italia molto tempo prima della battaglia del grano,
e il suo lavoro scientifico era pressoché unicamente indirizzato
a questo scopo.
I grani della vittoria che egli teneva da anni ben celati nel suo
laboratorio di Campomoro, furono forse l'elemento che convinse Mussolini
a lanciarsi in questa impresa. Una sorta di vera e propria arma
segreta da mettere in campo per raggiungere l'obiettivo.
Abbiamo visto come tutta l'esperienza di Strampelli in Argentina
potrebbe avere avuto la battaglia del grano in Italia come motivazione.
E forse non fu un caso se egli proprio a Buenos Aires confessò
a Robert Godoy un impegno verso l'autosufficienza granaria in Italia,
ben tre anni prima della proclamazione della battaglia del grano
Di certo il fascismo fu riconoscente a Strampelli, come testimoniano
quelle onoranze nazionali che gli furono tributate nel 1933.
L'iniziativa la prese il sindacato dei tecnici agricoli, ma è
difficile immaginare che dietro l'operazione non ci sia stata direttamente
la volontà di Mussolini.
Si formò un comitato nazionale che il 4 dicembre a Roma nell'aula
magna del Collegio romano tributò le onoranze nazionali allo
scienziato reatino.
Era presente tutto il mondo dell'agricoltura italiana, dal ministro
Acerbo ai due sottosegretari, Serpieri e Marescalchi, i rappresentati
ufficiali della Camera e del Senato, numerosissimi parlamentari
, il presidente dell'Istituto internazionale di agricoltura che
guarda caso era proprio il principe Potenziani che fu il primo a
credere nell' avventura scientifica di Strampelli a Rieti.
Da tutta Italia giunsero oltre tremila rappresentanti di tutte le
istituzioni agrarie, dai sindacati agli ispettorati provinciali
alle cattedre ambulanti, a tutti gli istituti scientifici e accademici
del paese, e il giorno successivo a Rieti gli venne conferita la
cittadinanza onoraria.
Egli dal fascismo aveva già ricevuto un'altra gratificazione,
quella di essere nominato senatore per i suoi alti meriti scientifici.
Fu la federazione italiana dei sindacati fascisti dell'agricoltura
a fare includere il nome di Strampelli tra coloro che il gran consiglio
e Mussolini stesso avrebbero scelto per essere nominati senatori.
Un riconoscimento decisamente ambito che in realtà turbò
Strampelli fino al punto da fargli scrivere una lettera a Mussolini
nella quale, dopo aver ovviamente ringraziato chi lo aveva indicato
per l'alta onorificenza, sottolineava che "
per natura,
carattere, attitudini e occupazioni
sono assolutamente negato alla funzione di deputato."
E nel chiedere scusa per il suo ardire concludeva:
Mi permetto, quindi, rivolgere alla E.V, preghiera perché
voglia, nel fare eliminazioni, tener presente anche le mie dette
qualità assolutamente negative e lasciare il posto che potrebbe
essere assegnato ad altri che, avendo più tempo e più
capacità di me possa più degnamente e più efficacemente
rappresentare la Federazione in Parlamento ed essere nel Campo politico,
maggiormente utile al nostro Paese.
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