I grani strampelli nel mondo
A questo punto è dobbligo domandarsi che fine abbiano
fatto i frumenti Strampelli dopo il fascismo, e in quali altre parti
del mondo sono stati coltivati durante e dopo la sua esperienza
scientifica.
Difficile dare risposte complete in questo senso, sia per la parzialità
dei dati disponibili, che per il modificarsi dei nomi dei frumenti
in altri paesi, e per i successivi incroci genetici che questi hanno
subito.
Solo una attenta ricerca sui genotipi delle specie coltivate potrebbe
darci una risposta, ma questo, ovviamente, esula dal nostro campo
disciplinare che altro non può fare che raccogliere i dati
fino ad ora disponibili auspicando appropriate indagini nel campo
dell'attuale genetica agraria, e contestualmente può offrire
un contributo attraverso lausilio della documentazione storica
dalla quale è possibile dedurre i luoghi in cui i frumenti
creati a Campomoro sono stati sperimentati, almeno nella prima metà
di questo secolo.
Di certo negli anni cinquanta, ad oltre un decennio della sua morte
2.375.000 ettari, cioè a dire oltre il 50 % del totale della
superficie granaria italiana, era ancora coltivata con i frumenti
Strampelli ma, come ha notato giustamente il Montanari, se a tale
superficie si somma quella coltivata con frumenti creati dagli allievi
di Strampelli, e che hanno utilizzato i suoi genotipi, tale superficie
è stimabile in oltre tre milioni di ettari per una percentuale
di circa il 66%.
E che non si sia trattato di certo di un fatto di "moda"
come sosteneva Francesco Todaro negli anni venti, lo testimonia
il fatto che la produttività media per ettaro in Italia è
cresciuta in funzione diretta all'impiego concreto dei frumenti
Strampelli passando dai meno dei 10 q.li per ettaro nel triennio
1919-22 ai 12,6 come media del sessennio 1926 -1931, anni delle
prime applicazioni concrete dei suoi frumenti, per salire ancora
a 14,75 q.li nel periodo 1936-1939, e a 15,3 nel periodo 1949-51.
Si tratta di dati evidenti che, come abbiamo visto, si presentano
con diverse sfaccettature regionali, soprattutto per quanto riguarda
le differenze tra nord e sud, ma che mettono in chiara luce un elemento,
e cioè che è facile stimare, come alcuni hanno fatto,
che grazie ai frumenti Strampelli si sono prodotti in media oltre
20 milioni di quintali in più di frumento all'anno, il che
vuol dire considerando solo il periodo in cui egli ha operato, un
valore aggiunto in termini monetari di oltre 15 mila miliardi.
Se Strampelli ebbe la fortuna di avere a disposizione i suoi grani
da proporre al momento giusto in funzione della battaglia del grano,
non possiamo dire che fu altrettanto fortunato nell'aver operato
in quel contesto per un concreto successivo riconoscimento dei suoi
meriti.
Non c'è dubbio che egli anticipò di decenni la ricerca
scientifica italiana, e valga per tutti il dato che dopo oltre un
ventennio che la genetica agraria era stata alla base della rivoluzione
granaria del paese, solo nel 1948 venne bandito un concorso universitario
a cattedre di genetica, e occorrerà attendere il 1968 perché
se ne bandisse uno specificatamente dedicato al miglioramento genetico
delle piante.
Non pochi genetisti negli ultimi decenni hanno sottolineato che
la ben nota rivoluzione verde messicana condotta dal Cimmyt (Centro
Internacional de mejoramento de maiz y trigo), che nel 1970 fruttò
il premio Nobel al prof. Borlaung che colse l'obiettivo dell'autosufficienza
granaria in quel paese, l'aveva realizzata Strampelli un quarto
di secolo prima, e che quindi il suo non fu altro che il proseguo
del lavoro scientifico che si era svolto fin dall'inizio del secolo
a Rieti.
Se si tiene conto che Norman Borlaung ebbe a disposizione mezzi
finanziari e strutture di ben altro spessore di quelle che Strampelli
ebbe a disposizione a Rieti, e che i risultati che egli ha ottenuto
in Messico furono solo temporanei, ci si può rendere conto
della genialità dell'opera dello scienziato reatino.
Si notava di recente nel mondo della genetica:
Il Cimmyt in sostanza ha ripercorso le tappe di Strampelli con
vari decenni di ritardo, ma non solo! Certe acquisizioni come
la bassa taglia, l'insensibilità al fotoperiodo e l'incrocio
sistematico tra varietà invernali e varietà primaverili,
sono maturate nel corso di diversi anni. Nel caso di Strampelli
invece, il vero segreto, l'autentico colpo di genio, sta proprio
in quell'incrocio (capolavoro) triparentale (meglio chiamarlo
forse pentaparentale
Si tratta di un incrocio chiave, un
vero crogiolo genetico (melting pot).
Lo ricordava di recente il genetista americano Warren Kronstad
nel corso della quinta conferenza internazionale sul frumento che
si è tenuta ad Ankara nel 1996,
sottolineando come Nazareno Strampelli fu il primo studioso al mondo
ad utilizzare varietà giapponesi come l'Akakomughi.
Lo fece fin dai primi anni del '900 con l'obiettivo di ridurre l'altezza
del frumento e aumentarne la produttività, esattamente lo
stresso percorso seguito molto tempo dopo da Norman Borlaung.
Strana situazione quella della genetica agraria italiana degli ultimi
decenni che sembra essere affetta da una esterofilia e soprattutto
da un americanismo esasperato, dimenticando il suo principale maestro,
e dallo stesso mondo a cui essa guarda come l'unica luce possibile,
arrivano attestati di riconoscimento verso Nazareno Strampelli come
quello recente di Warren Kronstad.
Non ci competono giudizi nei riguardi di una importante disciplina
come la genetica, ma crediamo francamente che l'opera di Strampelli
vanti crediti non solo sul terreno della storia agraria per la quale
questo lavoro tenta in parte di porre rimedio, ma anche all'interno
della specificità disciplinare che ha contribuito a far nascere
e sviluppare in Italia e nel mondo.
Slavko Borojevic, professore di genetica presso l'università
di Novi Sad, e uno dei personaggi più accreditati della genetica
agraria internazionale, ha da sempre sottolineato la straordinarietà
scientifica dell'opera di Strampelli, cosi come altri studiosi italiani
come Angelo Bianchi, ed altri del dopoguerra come il suo principale
allievo Bernardino Giovannelli, Cirillo Maliani, Giuseppe Tallarico,
Viscardo Montanari, mentre solo pochi dell'ultima generazione ne
seguono le orme dimenticando come grazie a Strampelli la genetica
agraria italiana è stata per lungo tempo maestra nel mondo.
Se c'è un limite nell'esperienza di Strampelli, fu quello
di aver comunicato poco con il resto della comunità scientifica.
Le sue pubblicazioni sono scarse. Nessun volume, ma solo una certa
quantità di articoli in larga misura solo schede dei suoi
grani, quasi dovessero essere essi a parlare per lui.
Tale disattenzione appare ancor più ingiustificata se si
tiene conto che i frumenti Strampelli non appartengono al passato
ma continuano a vivere sia nei genotipi che egli ha creato incrociati
oggi con altri frumenti, sia nelle forme che egli stesso ha fissato
a Rieti, tanto che alcune varietà come il Senatore Cappelli,
Damiano, Aziziah, Mentana, Roma, Salto, S.Pastore,Villa Glori e
Virgilio, figuravano iscritte nel 1963 nel Registro nazionale
delle specie e varietà coltivate, e ancora nel 1981 vi figuravano
il Cappelli e S.Pastore.
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